Curata da Massimo Bignardi, la mostra (che propone un ciclo di opere realizzate dall’artista pugliese per questa occasione) inquadra nel titolo Rovine quattro, tra i tanti possibili temi intorno ai quali porre riflessioni sulla contemporaneità e il suo ‘amoroso’ rapporto con la memoria. De Palma ha scelto, per porre un immediato dialogo con la Città Eterna, la poesia di Rainer Maria Rilke, posizionato lo specchio dell’immaginario tale da accogliere quattro temi o lui cari: la Poesia, l’Arte, la Bellezza e il Tempo. “Quattro temi che ripropongono – scrive Bignardi nel testo al catalogo pubblicato da Claudio Grenzi Editore – ancora la centralità del ‘classico’ inteso come corpo capace di produrre una reazione al tendenzioso scivolare verso l’apparenza dell’opaca mondanità, propria di questi nostri anni. ‘Classico’ come sperimentazione di una nuova figurazione, pronta a farsi immagine del verso poetico, nella piena consapevolezza di una libertà interiore assunta come ‘autenticità’. Gli acquerelli, innanzi tutto, poi i disegni a pastello e matite colorate che fanno da sopporto a figure di giovani, di ninfe, di meduse ritagliati nella sagoma e sovrapposti, spessore su spessore, al nero assoluto del fondo; infine la scrittura proposta nella traccia luminosa della grafite che solca il campo nero e infinito del foglio. Teo de Palma rilegge Rilke fuori dai registri che solitamente tengono legata la poesia all’immagine; anzi si serve di soggetti immaginativi che si propongono come completamento, come elementi capaci di dare al verso una nuova consistenza, appunto di segnatura, dunque presenze di un archivio mentale al quale l’artista non fa mancare una certa sperimentazione anche sul piano formale. Quello che propone da tempo l’artista non è una riappropriazione del ‘classico’, quanto un’avvertita rinascita interiore, intesa come necessità che non implica livelli attinti dai modelli, quindi una declinazione in odore di ‘classicismo’, un modo di procedere assecondando il suo immaginario alla nostalgia. Lo scatto del colore, ancora decisamente astratto, porta le figure al di là della soglia di una possibile configurazione intellettuale-simbolica: esso continua a rispondere alla sfera emotiva, alla sintassi dell’espressione.”
Le “tre stanze” disegnate per l’occasione, seguono le suggestioni sollecitate da tre tempi immaginativi: dai “Sonetti ad Orfeo”, dalle “poesie sparse” e dalle “rovine”. Dapprima piccoli fogli danno vita ad una grande parete, un’installazione che chiede supporto ad una tessitura di scritture e di piccoli segni , poi i grandi acquerelli che scandiscono i ritmi bianchi delle pareti che organizzano le successive stanze.