“Il possibile”Michele Prezioso, 5 – 28 maggio 2011
A cura di Patrizia Ferri
La solitudine del ritorno
“Il Possibile” di Michele Prezioso è un attraversamento spietato e ironico, un viaggio interinale, interplanetario e interculturale in luoghi simbolici e spazi quotidiani apparentemente lontani anni luce, che crea connessioni neurali tra Breton e Wittgenstein, Borges e Truffaut , toy story e manga, fantascienza, robotica e ingegneria genetica, che l’artista lega con un filo concettuale poetico in una matassa linguistica il cui bandolo è offerto allo spettatore chiamato a inoltrarsi in una dimensione del possibile ovvero altra, che può rivelarsi un buco nero in cui sprofondare o una costellazione di soglia da attraversare come un labirinto di specchi, con fluidità e destrezza. La posta in gioco è quella di ritrovare un’identità collettiva attraverso la perdita dei riferimenti e degli stereotipi, un luogo comune e molteplice in cui riconoscersi ritrovando lo slancio verso la vita vissuta come trasformazione etica e ricerca delle verità profonde, nascoste ai più. Attraverso lavori inediti e opere recenti, pittura e ready made, forme siderali e ataviche, oggetti trovati e cercati , tra proto-design e gadget pop, memorie letterarie e filosofiche, frammenti di vissuto, crea un cortocircuito del senso, una dis-locazione: spiazzando l’osservatore apre ad una dimensione dell’essere con un retrogusto inquietante, lievemente perturbante, direbbe Freud. Disegnando un itinerario di fuga dalla vita quotidiana dove convergono atopia e utopia, ci porta altrove riconducendoci paradossalmente alle nostre origini e facendoci ritrovare noi stessi. Sostanzialmente un percorso di solitudine, quella della partenza e dell’arrivo e quella ancora più irreversibile del ritorno, come dice Marc Augé.
Prezioso, artista sommerso e inviato speciale, si cala nel ruolo di regista di una fiction visionaria e spietata un reportage allucinato che offre momenti di innocenza e disincanto oscillando tra astrazione e contingenza , con una capacità di immersione e un’attitudine innata nel portare alla luce tesori nascosti, riesumare organismi ibridi, cartografie di mondi immaginari e storie fantastiche di ordinaria follia, in una messa in scena da teatro dell’assurdo, che ti cattura come un sogno ad occhi aperti con l’incubo sempre in agguato. Il problema è solo separare la realtà dalla finzione: ma questo è possibile passando attraverso lo sguardo specchiato di Levy, la creatura di pensiero appena caduta dalle nuvole del pianeta azzurro che appena tocca terra ha nostalgia del suo altrove, ovvero della sua preziosa (è il caso di dire) umanità.