La mostra presenta l’opera di Gianna Parisse Mundus Patet, presentata per la prima volta in Italia, un’installazione composta da diversi elementi fotografici, audio e video, che invita ad entrare in un percorso di ricerca poetica sul senso di un luogo: una casa e tutto ciò che la riguarda prima e dopo il terremoto di Amatrice del 2016.
L’installazione abita le tre sale del Centro Luigi Di Sarro, rispettivamente con una composizione di 171 scatti di pietre raccolte sul luogo oggetto della ricerca dell’artista; un tavolo, dove sono disposti due raccoglitori contenenti 340 scatti di oggetti in vetro, e di rami di alberi raccolti nel meleto della casa; una proiezione video (4’ 43”), la cui traccia sonora si diffonde nei tre ambienti espositivi.
L’opera si compone di frammenti volti a suggerire la dicotomia tra il sottile dialogo degli elementi antropici con elementi della natura, ed il silenzioso fragore della rottura del delicato equilibrio tra uomo e natura.
Il meticoloso lavoro di ricerca e cucitura dei numerosi frammenti operato da Gianna Parisse con l’uso di uno scanner portatile, di una macchina fotografica e di registrazioni audio, si risolve in un’installazione che, nella sua semplicità ed essenzialità, risulta immersiva e coinvolgente.
Il titolo dell’opera, Mundus Patet, fa riferimento ad una antica festa romana, che avveniva il 24 agosto al Palatino e che celebrava il mondo dei defunti, ma soprattutto il nascosto, il suolo, la terra. Il 24 agosto è anche la data del terremoto di Amatrice. La terra che ha accolto la casa per molti anni, la terra abitata dalla casa, muta, cambia il suo corso, e da luogo che accoglie diventa luogo che ingloba, che si riappropria di quanto è emerso.
Il lavoro dell’artista restituisce l’intimità di quanto è stato sommerso, indaga gli interstizi e le vene scoperte dell’azione della natura sull’uomo, e dell’uomo sulla natura.
Gianna Parisse Artista, architetta e ricercatrice, PhD, per molti anni si dedica alla ricerca architettonica, concepita come relazione tra arte e architettura. Più recentemente, si diploma in pittura e si specializza in grafica d’arte, tecnologia dei materiali cartacei, all’Accademia di Belle Arti di Roma. Ha esposto in Italia e all’estero: in Germania a Dresda, in Corea a Seoul, negli USA a New York.
Il Centro Luigi Di Sarro presenta il progetto “POZI” degli studenti del Corso di Architettura e Design dell’Università di Cape Town (UCT), che arriva a Roma grazie alla collaborazione con l’Ambasciata del Sudafrica.
In mostra le visionarie opere degli artisti che hanno partecipato al progetto, ideato e condotto dall’artista sudafricano Giggs Kgole.
Il progetto, accompagnato da Kgole in persona, dimostra non solo l’abilità di questi architetti in erba, ma stimola per di più la loro capacità di impegnarsi in contesti globali ed espressioni artistiche.
La collaborazione con Giggs Kgole, attivo su piano internazionale, “simboleggia il ponte tra talento locale e opportunità globali”, come scrive la professoressa Buhle Mathole “gli studenti hanno esplorato e interpretato l’essenza del mondo artistico di Kgole, elaborando ambienti che sono più che semplici spazi di lavoro: sono riflessioni di sinergia creativa e dialoghi culturali.”
Anna Maria Antoinette D’Addario Deep in Their Roots, All Flowers Keep the Light, a cura di Simone Azzoni e Francesca Marra.
Giordana Citti/Annalaura Tamburrini Anima Naturae, a cura diMarco Rapaccini.
Vernissage: sabato 4 maggio 2024 ore 18.30
L’uomo e l’ambiente sono parte di un ecosistema in cui convivono fragilità, temporalità e persistenza, lentezza, sedimentazione. I due progetti che il Centro Luigi Di Sarro espone tracciano la linea di questo dialogo sulla memoria effimera del rapporto uomo-natura.
Deep in Their Roots, All Flowers Keep the Light di Anna Maria Antoinette D’Addario, artista italo-australiana, con le sue grandi fotografie rilegge il paesaggio a partire dalla perdita, dall’assenza di chi lo ha abitato.
Cosa resta del paesaggio quando non ci sono più le persone che lo hanno amato, vissuto, abitato? Impotenza e assenza non metabolizzano il luogo in veduta, lo spazio in landscape. La rappresentazione che tenta di ricucire il trauma della perdita, non può essere uno strato di memoria che si sovrapponga ad altri, uno strappo nel tessuto visivo da ricucire con una pezza del presente. “I miei spazi sono fragili: il tempo li consumerà, li distruggerà: niente somiglierà più a quel che era” scriveva Georges Perec. Se la memoria può cancellare, il trauma può invece sostenere lo sguardo sulle tracce di ciò che era. I ricordi reinventano, narrano, tradiscono, il trauma invece fissa. La “rottura” squarcia il velo del paesaggio, non lo rattoppa. Lo strappo violento della perdita non può che lacerare la rappresentazione – anche del paesaggio consueto – e aprire il varco della meraviglia.
Anima Naturae di Giordana Citti/Annalaura Tamburrini, la cui collaborazione nasce nel contesto Officine Fotografiche a Roma, è un lavoro che “mira a delineare il contrasto tra l’anima effimera dell’uomo e l’anima eterna della natura”. Una “riflessione visiva, in cui si invita a contemplare la dualità di fragilità e forza, transitorietà e persistenza, generando una consapevolezza profonda sulle complesse relazioni tra l’uomo e il resto del vivente”. Ogni dittico combina un ritratto lapideo consumato dall’azione del tempo, delle muffe e dal costante logorio degli agenti atmosferici, con un’incontaminata fotografia naturalistica. Anima Naturae emerge come un ponte concettuale che è terreno di contaminazione tra la finitezza umana e l’infinita vitalità della natura, mostrando come, nonostante gli sforzi egoistici, l’uomo inevitabilmente soccomba alla potenza inarrestabile dell’altra, suggerendo una riflessione sulla sostenibilità delle nostre interazioni con il pianeta.
La mostra è organizzata dal Centro Luigi Di Sarro con Grenze – Arsenali Fotografici (Verona) e Officine Fotografiche (Roma).
Anna Maria Antoinette D’Addario è una fotografa italo-australiana artista, scrittrice e book maker. Il suo lavoro si concentra sulla resurrezione della memoria e le nostre emozioni che ci connettono ai luoghi. Ha pubblicato due artist’s books: Farewell Angelina (2018) e il photobook Deep in Their Roots, All Flowers Keep the Light (ceiba Editions 2019). Ha conseguito una specializzazione nelle belle arti, MFA presso il Sydney College of the Arts, e al momento è impegnata in un dottorato, PhD alla Monash University di Melbourne.
Giordana Citti (Roma, 1993) si occupa di camera oscura dal 2012, formandosi con la docente Samantha Marenzi. Dopo una laurea in “Storia e conservazione del patrimonio artistico e archeologico”, decide di dedicarsi a tempo pieno alla fotografia dapprima come e con stage professionale nel laboratorio romano Digid’a Art Prints di Davide Di Gianni. Attualmente è docente dei corsi di camera oscura di Officine Fotografiche, frequenta la facoltà di “Conservazione e restauro dei beni culturali”, relativa al restauro del materiale librario e fotografico, presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e lavora nell’archivio fotografico della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Nel 2021 è tra i dieci artisti selezionati per prendere parte alla photography masterclass Contatto dell’Istituto Luce Cinecittà e TWM Factory. Le sue opere sono state esposte in mostre personali e collettive negli ultimi anni.
Annalaura Tamburrini (Fasano, 1994) si forma come fotografa presso Officine Fotografiche nel periodo 2015/2019, concentrandosi sull’approfondimento delle pratiche di camera oscura, stampa in bianco e nero e tecniche antiche di stampa sotto la guida di Samantha Marenzi. Durante questo percorso ha l’opportunità di mostrare e curare vari progetti fotografici nell’ambito della scena indipendente locale e di esporre in varie personali e collettive. Nell’agosto 2019 cura la mostra collettiva internazionale GeneraHumana presso la Torre Civica di Cisternino. Dal 2020, trasferitasi a Torino, collabora con l’associazione culturale Mostro Collettivo. Dal 2023 è rappresentata dalla galleria Raw Messina di Roma e collabora attivamente con Gabriele Stabile.