PARTI / Paradigmi di itinerari creativi Francesca Ferraiuolo, Domenico Mendicino, Antonella Rocca a cura di Tonino Sicoli

PARTI / Paradigmi di itinerari creativi
Francesca Ferraiuolo, Domenico Mendicino, Antonella Rocca
a cura di Tonino Sicoli

 

12 febbraio – 4 marzo 2016

inaugurazione: venerdì 12 febbraio 2016, ore 18

 

 

Si inaugura il 12 febbraio 2016 presso il Centro Di Sarro di Roma la mostra  “PARTI / Paradigmi di itinerari creativi. Francesca Ferraiuolo, Domenico Mendicino, Antonella Rocca” curata da Tonino Sicoli. La mostra,  visitabile fino al 4 marzo, è organizzata in collaborazione con il MAON, Museo d’arte dell’Otto e Novecento di Rende (Cosenza).

 

PARTI è una mostra che vuole mostrare alcuni aspetti del percorso creativo di tre artisti, in un dialogo intergenerazionale, un intreccio azzardato e provocatorio di esperienze diverse, con una ricerca artistica figlia certamente di una cultura visiva post-pop ovvero composta da una imagerie tecnologica, mediatica, consumistica ma che, tuttavia, sa mantenere vivo il senso dello stupore e della meraviglia. L’omologazione delle immagini fotografiche, digitali, pubblicitarie e dell’oggettistica d’uso viene evitata e messa in discussione da un processo di metabolizzazione e di approccio critico alla cultura visiva contemporanea, assunta come un linguaggio possibile ma non come un modello concettuale o uno stereotipo di valori da comunicare. Francesca Ferraiuolo, Domenico Mendicino e Antonella Rocca fanno rispettivamente uso della digitalizzazione, della fotografia e dell’assemblaggio oggettuale per una gestazione di opere a prima vista “normali” ma che si rivelano subito di un visionarismo particolare, in una specie di parto fantastico e irreale, in cui la realtà fa da spunto ad una creazione immaginifica, che si spinge in una dimensione evocativa e portatrice di suggestioni

( Estratto dal testo in catalogo di T. Sicoli )

English Version

PARTI is an exhibition that wants to show some of the creative aspects of three different artists through an intergenerational dialogue, a provocative and risky interweaving of different experiences. The artists came from a post-pop artistic visual culture composed of a technological consumerist media imagery, who still, however, can keep alive a sense of wonder and amazement.

The homogenisation of the images  such as photos, digital, advertising and everyday objects is avoided and questioned by a process of metabolism and critical approach to contemporary visual culture. This culture is taken as a possible language but not as a conceptual model or a stereotype of values ​​to communicate.

Francesca Ferraiuolo, Domenico Mendicino and Antonella Rocca, respectively, use digitization, photography and object assembly for the development of works that we could define at first glance as “normal” but they are, instead, full of a particular vision, in a kind of fantastic and unreal birth, in which reality represents the first step of a imaginative creation pushing towards an evocative dimension full of suggestions.

(T.Sicoli from the catalogue’s text)

 

Vorrei… che tu potessi sentire la felicità di questo mondo. Silvia Galgani – Qinggang Xiang

Vorrei… che tu potessi sentire la felicità di questo mondo
Silvia Galgani – Qinggang Xiang

a cura di
Vittoria Biasi

inaugurazione: giovedì 14 gennaio ore 18
14 gennaio – 5 febbraio 2016 (dal martedì al sabato ore 16-19)
Il pensiero del giovane poeta cinese Hi zi introduce l’incontro espositivo tra gli approdi pittorici del bianco di Silvia Galgani e il bianco delle ceramiche di Qinggang Xiang. Come in una visione o in una musica sintonizzata su note estreme, gli artisti accordano il loro fare lungo una sottile linea, un’apparizione da leggere,

Affidando alle superfici le loro mitologie, gli artisti esplorano i differenti linguaggi per attraversare la condizione antica e perenne dell’uomo, dal suo apparire, dalla scoperta del suono, dal graffiare le pareti, lasciando impronte bianche, fino alla strutturazione, alla consapevolezza dell’essere con gli altri, anche nel senso storico.

Nella storia bianca di questo nostro secolo, il niveo colore ha superato la presunzione del dialogo solitario: ha intrapreso il percorso della ricerca dell’altro, riconoscendolo nella luce, nel movimento, nel visibile, che è lo scudo dell’invisibile. L’icona privilegiata di Silvia Galgani è lo scudo. Nella sua circolarità l’artista racchiude la trascrizione del suo dialogo profondo con il passato, con opere di ogni periodo e di ogni dimensione, per la sua lunga esperienza di restauro. E forse la traccia di quei cromatismi è nelle velature dei suoi Scudi, che approdano alle lamine d’oro o d’argento e alla pastosità del bianco, disposto nella geometria circolare, come luogo di attrazione, convergenza.

Qinggang Xiang consegna i versi di poeti cinesi alla pagina in ceramica, che avvolta su se stessa assume la forma di una campana. Il tocco delle bacchette sui cartigli produce risonanze differenti, di terra: cenni del tempo, del senso, del passaggio dalla parola alla musica, dal corpo al suo immateriale. Le opere consentono diversi modi di apparire della scrittura, che conquista la distanza dalla pagina, dalla forma enunciativa, fino a divenire simbolo nello spazio. Le sculture hanno una doppia valenza: possono essere lette per la narrazione poetica anche della quotidianità o possono essere ascoltate nella sonorità senza narrazione. Il tocco della bacchetta nella cultura cinese è il suono estremo, senza parola o colore, che introduce il comando.

 

 

FERITE – Carla Cacianti. A cura di Carlotta Sylos Calò

Il 25 Novembre, alle ore 18.00, in occasione della
Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne,

sotto l’Alto Patrocinio della
Presidenza della Camera dei Deputati

 

 

 

La mostra FERITE, che rimarrà aperta al Centro Luigi Di Sarro fino al 2 gennaio 2016, nasce dall’idea dell’artista di lavorare sull’immagine delle donne. Un’immagine che sia rivelatrice del carattere controverso e insieme potente dell’universo femminile, inevitabilmente forzato in stereotipi e ruoli che ne alterano l’essenza, ma anche capace di rigenerazioni profonde e coraggiose. FERITE è dunque una metafora della violenza inflitta (dall’uomo, dalla società o dalle donne stesse), una violenza non necessariamente fisica o verbale quanto incarnata dal piegare, adattare e costringere.
La scelta della fotografia come base di partenza dei lavori è motivata dalla capacità del mezzo, tra sguardo e registrazione, di rendere l’emozione dei visi, delle bocche e degli occhi, usando la luce. Non interessa in questo caso la fotografia in termini tecnici quanto la sua capacità di essere mezzo di raccordo ideale tra sguardo e sguardo, quello delle donne e quello di chi le guarda, incontro ulteriormente potenziato dalle pieghe che l’artista fa sulle immagini creando un disegno di ombre e luci tale da filtrare e drammatizzare le figure, ma anche un oggetto-ritratto che scaturisce appunto dall’offesa dei volti.

Perché la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani fondamentali ed è ancora una pandemia globale. È la conseguenza di una diffusa volontà che produce discriminazione e diseguaglianza tra uomo e donna. Con queste parole di Ban Ki-moon, l’Onu dice al mondo che questa violenza si può sconfiggere: “Tutti noi abbiamo un ruolo da giocare, e io vi incoraggio a fare il vostro. Se rimaniamo uniti a casa, nelle comunità, a livello nazionale ed internazionale, noi possiamo sfidare la discriminazione e l’impunità e porre fine a quelle mentalità e abitudini che incoraggiano, ignorano o tollerano la globale vergogna della violenza contro le donne e le ragazze”.

In occasione del fine mostra, il 2 Gennaio 2016, il Centro Luigi Di Sarro ospiterà una performance della danzatrice e coreografa Ilaria Puccianti  che esprimerà nel gesto danzato l’urgenza e la necessità di continuare a dare voce al dolore delle donne indagando i loro sguardi.

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ARP Project 2014 – Paolo Baraldi, Not a Line

Not a Line (a shadow line)

è il progetto di Paolo Baraldi selezionato per ARP – Art Residency Project a Cape Town, Sudafrica, dal 1 settembre al 15 ottobre 2014

Si rinnova per il secondo anno il progetto di residenza artistica tra Italia e Sudafrica realizzato dal Centro Luigi Di Sarro di Roma e la SMAC Art Gallery di Cape Town. Il progetto ARP ha il patrocinio del Consolato Italiano a Cape Town e dell’Ambasciata del Sudafrica in Italia.

Dopo l’esperienza di Paolo Bini a Cape Town nel 2013 e di Jake Aikman a Roma nel 2014, nel prossimo mese di settembre sarà PAOLO BARALDI a vivere e lavorare a Cape Town per 30 giorni al termine dei quali una mostra presenterà l’intero progetto realizzato. Il progetto Not A Line (a shadow line) nasce come un intervento artistico urbano sulla mappa della rete dei nuovi bus cittadini MY CITY che hanno rivoluzionato la mobilità di Cape Town. Not a line, perchè la mappa del trasporto è tutt’altro che lineare, e lo spostamento delle persone è anche uno scambio umano. Gli autobus My City attraversano sia i luoghi turistici, che le periferie della città. Ogni fermata del bus rappresenterà per l’artista una scoperta e un incontro, con luoghi, persone, situazioni, immagini, riprodotti in forma d’ombra. In questo senso il progetto artistico si trasformerà anche in una indagine sociale, una ricerca di etnografia urbana.

Paolo Baraldi ha descritto così il progetto per Cape Town:

“Disegnare, fotografare e incidere, sono passaggi di un processo di memorizzazione: i volti, le esistenze, le luci e le ombre delle persone che incrocerò in questa mia esperienza verranno immagazzinate e riprodotte in memoria.

Questo lavoro si inserisce nel solco dei lavori da me realizzati nel tempo in spazi pubblici, per esempio a Bilbao (Spagna), Tampere (Finlandia), Roma o Bergamo (Italia). Il tema dell’uguaglianza, così come la volontà di cambiare aspetto allo spazio pubblico in favore di una riflessione visiva e culturale stimolata e provocata dall’agire artistico, sono motivi ricorrenti del mio lavoro. Le modalità operative si declinano di volta in volta a seconda del contesto.”

Il progetto si svolge durante le iniziative promosse dalla città di Cape Town in qualità di World Design Capital per il 2014 e nelle sue linee teoriche si avvicina molto ai temi scelti: intervento artistico ed intervento urbano sono nei fatti due modalità affini di una nuova pianificazione sociale. E’ già da alcuni anni che nel mondo dell’arte si è fatta strada una forte spinta critica nei confronti del mercato che soffoca e dirige la creatività a fini esclusivamente commerciali, per ritrovare una visione dell’arte più attenta alla realtà che circonda l’atto creativo, che sempre più quindi tende a svilupparsi in spazi aperti e a ricercare il contatto con il suo pubblico/interlocutore.

Paolo Baraldi lavorerà anche alla fermata del My City bus nei pressi della Ruth Prowse School of Art di Woodstock dando vita ad un workshop live con gli studenti di fotografia e grafica della scuola di specializzazione.

 

ARP 2011 – Somewhere on the Other Side. Marilena Vita

thePhotographer’sGalleryZA – Cape Town
5 – 31 October 2011

Il Centro Luigi Di Sarro torna a Cape Town con la personale di Marilena Vita. La mostra fotografica Somewhere on the other side è parte del progetto di scambio che prosegue con la partneship della Erdmann Contemporary, fra Roma e Cape town. Il progetto ha il patrocinio della Società Dante Alighieri, Comitato di Cape Town e del Consolato Italiano. E’ parte del programma della Settimana della Cultura italiana in Sudafrica.

ARP 2009 – The Family Safe – Erik Chevalier a Cape Town

in collaborazione con 

Erdmann Contemporary/

thePhotographer’sGgalleryZA

“Sono stato sempre affascinato dagli album di famiglia, per ciò che essi dicono e in particolare per ciò che essi non dicono. Queste immagini sono state scattate in paesi che sono importanti per la mia storia personale, ma anche per il loro contenuto, ciò che si è perso è appunto ciò che, in quanto album di famiglia, non raccontano.

La mia famiglia, per quanto lontano io possa andare nella memoria, cominciò nella primavera del 1915 quando i miei due nonni si ritrovarono a combattere la stessa guerra su fronti opposti. Considero questo come dei momenti più bui della nostra storia, la prima volta che furono usati i gas velenosi in battaglia. Una cosa feroce, crudele e immorale.  Eppure le generazioni successive misero su famiglia e cominciarono un nuovo album…” (Erik Chevalier)